Le agevolazioni fiscali su computer e prodotti tecnologici

Proponiamo questo approfondimento dopo aver ricevuto negli anni diverse richieste di informazioni circa presunte o reali agevolazioni che sarebbero previste, su un’ampia gamma di prodotti, a favore di chi è in possesso di un verbale di invalidità o di handicap (legge 104/1992). Spesso nel web si incontrano indicazioni distorte e non sempre basate sulle norme vigenti.

Vediamo cosa c’è di vero.

L’origine

L’origine si ha in una norma del 1997 (n. 30/1997) che ha introdotto nuove agevolazioni fiscali (IVA al 4% e detrazione IRPEF) per “sussidi tecnici e informatici rivolti a facilitare l’autosufficienza e le possibilità di integrazione dei soggetti di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.”

Qual era l’intento ed il motivo fondante la norma? Ci sono prodotti che, pur non essendo strettamente ausili o dispositivi medici possono giovare direttamente alla qualità della vita delle persone con disabilità.

Le regole

Le regole per accedere a quei benefici furono fissate da un decreto successivo che stabilì i criteri anche per evitare abusi.

Il decreto è quello del Ministero delle Finanze del 14 marzo 1998. Secondo quel decreto sono “sussidi tecnici ed informatici rivolti a facilitare l’autosufficienza e l’integrazione dei soggetti portatori di handicap le apparecchiature e i dispositivi basati su tecnologie meccaniche, elettroniche o informatiche, appositamente fabbricati o di comune reperibilità, preposti ad assistere la riabilitazione, o a facilitare la comunicazione interpersonale, l’elaborazione scritta o grafica, il controllo dell’ambiente e l’accesso alla informazione e alla cultura in quei soggetti per i quali tali funzioni sono impedite o limitate da menomazioni di natura motoria, visiva, uditiva o del linguaggio.”

A ben vedere ci rientra potenzialmente una ampia gamma di prodotti.

Lo stesso decreto del 1998 indicava come ottenere l’IVA agevolata. Oltre al verbale di invalidità o di handicap (104), rilasciato dalle competenti commissioni, era necessaria una “specifica prescrizione autorizzativa rilasciata dal medico specialista della azienda sanitaria locale di appartenenza dalla quale risulti il collegamento funzionale tra il sussidio tecnico ed informatico e la menomazione.”

L’iter

Dunque come fare per ottenere l’IVA agevolata su un prodotto tecnologico (dalla TV al tapis roulant, dal tablet al computer…)?

È necessario rivolgersi ad un medico, quello curante o uno specialista a seconda dei casi come diciamo più sotto. Il medico elabora una prescrizione autorizzativa che indica specificamente il prodotto, la correlazione funzionale con il tipo di menomazione, la finalità (comunicazione, accesso all’informazione, controllo dell’ambiente, accesso all’informazione o alla cultura).

Con questa prescrizione chi vende il prodotto può applicare l’IVA al 4% e successivamente si potrà portare in detrazione il 19% della spesa sostenuta in sede di dichiarazione dei redditi.

Il medico è obbligato a rilasciare la prescrizione autorizzativa? No: è una sua valutazione medica e professionale che elabora in scienza e coscienza.

Esiste un elenco di prodotti agevolabili? No, volutamente no, perché la gamma di necessità e di prodotti è tanto ampia da non poterla codificare.

Le “semplificazioni”

Nel 2020 (decreto legge 76/2020) e poi nel 2021 (decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 7 aprile 2021) hanno parzialmente semplificato questi procedimenti.

La norma del 2020 ha stabilito che nei successivi verbali di invalidità e di handicap (legge 104/1992) sia indicata la presenza dei requisiti che danno diritto alle agevolazioni sui sussidi, come già avviene per le agevolazioni auto o il rilascio del contrassegno disabili (CUDE). Questo dovrebbe evitare di ricorrere alla prescrizione autorizzativa. Di fatto da allora non i relativi verbali non sono stati ancor aggiornati.

Ciò che è cambiato invece è il medico a cui rivolgersi: fino al 2020 era ammessa sola la possibilità di rivolgersi ad un medico specialista pubblico cioè che opera come dipendente di una ASL o di una Azienda ospedaliera pubblica. Dopo il 2020 è possibile rivolgersi anche al proprio medico curante.

Purtroppo l’Agenzia delle entrate nella sua risposta 578 del 3 settembre 2021 ha introdotto un elemento restrittivo: la possibilità di rivolgersi al medico curante, anziché allo specialista, è riserva solo a chi è in possesso del verbale successivo al 4 maggio 2021, cioè la data di entrata in vigore del decreto ministeriale.

Chi ha un verbale precedente al maggio 2021 deve continuare a rivolgersi ad un medico specialista cioè, come detto, che opera presso una ASL o presso un’Azienda ospedaliera pubblica.

La maggiorazione delle pensioni di invalidità

La maggiorazione delle pensioni di invalidità

Un numero considerevole di persone si rivolgono allo sportello sociale di AIL ponendo domande circa la maggiorazione della pensione di invalidità civile e confidando di poterne avere diritto. Talvolta vi sono degli equivoci e dei fraintendimenti che possono generare aspettative infondate. In questo approfondimento tentiamo di fornire chiarimenti e anche qualche esempio utile a comprendere meglio come funziona la maggiorazione.

Per comprendere appieno questa disposizione può essere utile conoscerne le sua evoluzione nel tempo fin dal principio:  nel 2022 una norma stabilì il principio che tutti gli anziani con più di 65 anni, 60 se invalidi, dovevano poter contare su un introito di almeno un milione di lire. Nel frattempo c’è stato il passaggio all’euro e l’impatto dell’inflazione ha portato nel  2024 l’importo del “vecchio” milione di lire a 735,05 euro.

Nel  2020 una sentenza della Corte Costituzionale e una legge di recepimento  hanno stabilito che il principio  originario dovesse valere anche per le pensioni di tutti gli invalidi totali, ciechi e sordi a prescindere dall’età. Pertanto dal 2020 l’incremento spetta dai 18 anni in poi. Vediamo allora in ordine quali sono le condizioni per vedersi aumentare la pensione da 333,33 euro a 735,05 euro.

La prima condizione per poter accedere alla maggiorazione è di percepire la pensione di invalidità civile totale.

Pertanto chi percepisce l’assegno per invalidità civile parziale è escluso dalla maggiorazione.
Anche chi percepisce solo l’indennità di accompagnamento e non la pensione (perché magari gode di un altro reddito o un’altra pensione da lavoro) non ha diritto alla maggiorazione.

La seconda condizione è quella reddituale personale. Questo è un aspetto un po’ più complesso da comprendere. Riprendiamo quanto detto più sopra: il principio base è che ogni invalido disponga di almeno 735,05 euro  euro al mese il che corrisponde a 9.555,65 euro euro in un anno.

Nella sostanza lo Stato aggiunge quello che manca per arrivare a quella cifra.

Considerando che l’invalido totale percepisce già una pensione che in anno è di 4.333,29 euro, ne consegue che la maggiorazione copre al massimo la differenza e quindi 5.222,36 euro (che al mese fanno 401,72 euro euro).

Se oltre alla pensione di invalidità la persona percepisce altri introiti, la maggiorazione si abbassa fino ad azzerarsi, quando questi introiti in più fanno arrivare la sua situazione a  9.555,65 euro.

Facciamo qualche esempio.

Primo esempio: un invalido civile oltre alla sua pensione svolge una minima attività lavorativa che gli fa incassare 4.000 euro l’anno. I suoi introiti totali sono quindi: 4.333,29 euro (pensione) + 4.000 euro (lavoro occasionale); totale  8.333,29 euro. La sua maggiorazione annuale sarà di 1.222,36 euro (il che significa 94 euro al mese) cioè quello che gli manca per arrivare ai 9.555,65  euro.

Un secondo esempio:  un invalido civile oltre alla sua pensione riceve una pensione di reversibilità di 500 euro al mese per un totale di 6.500 euro l’anno. I suoi introiti totali sono quindi:  4.333,29 euro (pensione) + 6.500 euro (reversibilità); totale 10.833,29 euro.
Non  riceverà nessuna maggiorazione della pensione, perché supera già il limite 9.555,65 euro.

Nella sostanza la maggiorazione completa la riceve solo chi, salvo la pensione di invalidità, è completamente privo di introiti. Sono quindi incluse proprio tutte le somme, anche quelle esenti da IRPEF (esclusa la sola indennità di accompagnamento eventuale). Anche una minima somma contribuisce a far diminuire l’importo della maggiorazione.

Veniamo alla terza condizione che entra in gioco solo quando la persona invalida è coniugata e se con i propri redditi rientrerebbe nella concessione della maggiorazione.
In questo caso si fa la somma dei redditi e introiti di entrambi i coniugi. Questa non deve comunque superare i 16.502,98 euro.

Supponiamo ad esempio che l’invalido disponga della sola pensione  (4.333,29  euro) e che la moglie abbia un reddito o una pensione di 13.000 euro l’anno, egli non avrà comunque diritto a nessuna maggiorazione.

Attenzione: supponiamo, al contrario, che la moglie sia totalmente priva di redditi, e che l’invalido conti su pensione e altri introiti per un totale di 10.000 euro, egli non avrà comunque diritto a nessuna maggiorazione, perché non rientra nella seconda condizione (limite dei 9.555,65 euro).

Come fare?

Generalmente INPS eroga la maggiorazione in automatico assieme alla pensione di invalidità civile. Se non si riceve la maggiorazione possono esserci due spiegazioni: o non ne ha diritto (il motivo largamente più frequente), oppure INPS non ha effettuato i conteggi corretti. In questo caso è utile rivolgersi ad un patronato sindacale e chiedere il ricalcolo che tecnicamente si chiama “ricostituzione reddituale”.

Successivamente, a valle delle sue verifiche, INPS eroga o meno, o modifica la maggiorazione.

Bisogna anche ricordare che se si modifica la propria situazione reddituale (esempio nuovo contributo, nuova pensione, nuovo lavoro), va fatta una comunicazione a INPS affinché non continui ad erogare la maggiorazione che non spetta di cui poi successivamente verrebbe richiesta la restituzione.

In sintesi

Per comprendere se abbiamo o meno diritto alla maggiorazione (completa o parziale) dobbiamo porci alcune semplici domande:

  1. Sono invalido civile e percepisco già la pensione di invalidità civile?

Sì: allora passo alla seconda domanda

No: allora non ho diritto nemmeno alla maggiorazione

  1. Oltre alla pensione di invalidità percepisco qualche altro introito di qualsiasi tipo (esclusa l’eventuale indennità di accompagnamento)?

No: allora se sono coniugato passo all’ultima domanda. Se non sono coniugato ne ho invece diritto.

Sì: allora passo alla terza domanda

  1. Gli introiti ulteriori alla pensione di invalidità sono inferiori a 5.222,36 euro?

No: allora non ho diritto alla maggiorazione

Sì: allora avrei diritto ad una parte di maggiorazione ma devo passare all’ultima domanda se sono coniugato.

  1. Sono sposato e la somma degli introiti con il coniuge (inclusa la pensione) sono superiori a 16.502,98 euro?

No: allora ho diritto alla maggiorazione se ho risposto “sì” alle domande precedenti.

Sì: allora non ho diritto alla maggiorazione.

Le fonti

– Sentenza della Corte Costituzionale 152/2020 e decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 (articolo 15), hanno esteso le maggiorazioni alle pensioni degli invalidi civili totali, oltre che ciechi e dei sordi.

– Circolare INPS 107 del 23 settembre 2020 e Messaggio del 28 ottobre 2020, n. 3960, dettano indicazioni operative sulle maggiorazioni.

ve sulle maggiorazioni.

Le revisione dell’invalidità: come orientarsi

Chi ha richiesto l’accertamento dell’invalidità civile e magari anche della condizione di handicap (legge 104/1992), ottiene un verbale per ognuna delle due valutazioni che – lo ricordiamo – sono normalmente effettuate da una commissione pubblica integrata ASL e INPS.

Accade spesso, in particolare nel caso di patologie oncoematologiche o oncologiche, che in quei verbali sia indicata una successiva data di revisione. Si tratta di una prassi che deriva dalla considerazione che dopo una fase acuta vi possano essere successivamente dei miglioramenti o la condizione possa essere ben compensata. In alcuni casi la visita di revisione si conclude con la conferma dello status precedentemente riconosciuto. In altri casi può essere abbassata la percentuale di invalidità come pure non essere confermata la gravità dell’handicap (legge 104/1992).

Questo ovviamente comporta degli effetti. Ad esempio se la percentuale di invalidità viene abbassata si perde l’indennità di accompagnamento se veniva erogata. O ancora: se non è più riconosciuta la connotazione di gravità dell’handicap (legge 104/1992) si perde il diritto ai permessi lavorativi per se stessi se si è lavoratori dipendenti o per i congiunti che prestano assistenza.

Presentare ricorso?

Ogni caso fa storia a sé: possono sussistere o meno i presupposti per presentare ricorso (si chiama accertamento tecnico preventivo) davanti al giudice, oppure effettivamente la valutazione corrisponde alla condizione di fatto. È bene, nel dubbio, chiedere una consulenza ad un buon medico legale magari attraverso un patronato sindacale.

Cosa fare?

Come sapere se le condizioni riconosciute sono sottoposte a revisione? Lo si legge nell’ultima parte dei verbali. Se è prevista, la revisione è indicata esplicitamente con l’indicazione del mese e dell’anno.

Dal 2014 (legge 114) il compito di convocare a visita gli interessati è stato attributo a INPS. Il Cittadino quindi non deve presentare nessuna domanda: sarà l’Istituto a convocarlo a visita.

Una prassi recente di INPS ha previsto che prima della scadenza all’interessato sia inviata una comunicazione in cui si chiede di inviare documentazione sanitaria utile alla nuova valutazione. Se la documentazione sanitaria è ritenuta sufficiente, INPS effettua la valutazione sugli atti, senza convocazione a visita diretta. In caso contrario convoca a visita o richiede ulteriori approfondimenti. Se non si invia alcuna documentazione si viene convocati comunque a visita.

È sempre utile disporre di documentazione di buona qualità, meglio se rilasciata da specialisti pubblici o comunque di centri autorevoli e accreditati. Sono molto utili le eventuali lettere di dimissioni ospedaliere e le relazioni dell’ematologo o dell’oncologo di riferimento. Se ci sono anche altre patologie o compromissioni è bene documentarle sempre con referti e relazioni specialistiche. Non è sufficiente un certificato o una relazione del medico di famiglia.

Se i verbali sono già scaduti?

Una delle preoccupazioni maggiori per chi è in possesso di un verbale con revisione è il timore di perdere tutte le eventuali agevolazioni e i benefici dalla data di “scadenza”.

In realtà non è così: una norma del 2014 (legge 114) ha previsto espressamente che in attesa della revisione tutti gli effetti, le prestazioni e i benefici rimangono comunque validi. Decadono, se la commissione non conferma lo status precedente, dalla data della visita in poi.

Fino alla visita le eventuali pensioni o indennità continuano ad essere erogate, e le agevolazioni fiscali, i permessi e congedi possono comunque essere fruite. Non verrà richiesta nessuna restituzione di eventuali benefici fruiti prima della visita e dopo la scadenza.

I permessi e i congedi

Per i dipendenti pubblici che privati, sia i permessi lavorativi (legge 104/1992), che spettano sia al lavoratore con disabilità che al congiunto che lo assiste, che  i congedi retribuiti (decreto legislativo 151/2001) che spettano ai soli familiari, possono essere fruiti anche quando il verbale ha superato la data prevista per la revisione e in attesa della visita.

Per i dipendenti privati, l’INPS ha ulteriormente rafforzato questa disposizione con proprie disposizioni. In particolare l’Istituto ha precisato che chi è titolare di permessi lavorativi non deve presentare nessuna nuova domanda alla scadenza del verbale. Deve invece inoltrare una nuova domanda chi fruisce dei congedi retribuiti.

Nella stessa circolare l’INPS ha confermato che il recupero dei giorni di permesso o congedo fruiti viene applicato solo dalla data della nuova visita  di handicap (legge 104) e solo  nel caso che questa si concluda senza la conferma della connotazione di gravità prevista dall’articolo 3, comma 3 della stessa legge 104/1992.

Le fonti

– Legge 114 del 10 agosto 2014, all’articolo 25 ha stabilito che è compito di INPS convocare a visita i cittadini in possesso di verbale di invalidità o di handicap (legge 104) in cui sia prevista una data di revisione; la stessa norma ha fissato il diritto di continuare a fruire di tutti i benefici in attesa di nuova revisione.

– Circolare 127 INPS dell’8 luglio 2016 ha illustrato le modalità da seguire nel caso di fruizione di permessi e congedi e di verbale di handicap (legge 104/1992) in scadenza.

 

Domande frequenti su diritti e agevolazioni

MAGGIORAZIONE DELLE PENSIONI

Sono stato da poco riconosciuto invalido civile al 100% e percepisco la pensione di invalidità, circa 333 €. Non ho altri redditi. Ho diritto all’incremento di cui ho sentito parlare? Devo presentare l’ISEE?

La maggiorazione è stata introdotta dalla Sentenza 152 di Corte costituzionale e definita ulteriormente dal decreto-legge 104/2020. Queste modificazioni interessano appunto gli invalidi civili totali (100%), ciechi civili e sordi dai 18 ai 60 anni (in precedenza riguardava solo gli over 60) il cui reddito personale non deve superare 9.555,65 euro annui se non coniugato, inclusa la pensione di invalidità civile; 16.502,98 euro se è sposato e in quel caso si conta anche il reddito della moglie/marito. Se il pensionato vive in famiglia ma non è coniugato il reddito da considerare è solo il suo.
Pertanto per contare sull’incremento completo (401,72 euro che si aggiungono alla pensione) è necessario non disporre di altri redditi o pensioni oppure che questi siano davvero estremamente bassi per contare su una parte dell’incremento. Più il reddito si avvicina al limite che abbiamo indicato  (9.555,65 euro annui) e più l’incremento diminuisce fino ad azzerarsi.

L’ISEE non c’entra assolutamente nulla con gli aumenti di cui si parla.

Per maggiori informazioni consulti il nostro approfondimento dedicato a L’incremento della pensione di invalidità civile

Mia moglie ha 62 anni e percepisce la pensione di invalidità. Ho sentito dire che queste maggiorazioni riguardano solo chi ha meno di 60 anni. È vero?

Se ricorrono i requisiti reddituali la maggiorazione spetta anche alla moglie. L’equivoco nasce dal fatto che la recente Sentenza 152 di Corte costituzionale e il decreto-legge 104/2020 hanno esteso quegli incrementi anche a chi ha meno di 60 anni. Ma a chi ne ha di più (60-65/7) spettava già da prima. Ricordiamo che l’incremento massimo della pensione di invalidità civile è di 401,72 euro. È “massimo” perché diminuisce man mano che i propri introiti (pensione inclusa) si avvicinano al limite di 9.555,65 euro annui
Per maggiori informazioni consulti il nostro approfondimento dedicato a La maggiorazione delle pensioni di invalidità 

Ho 57 anni percepisco l’assegno ordinario IO di 580 euro più la pensione come invalido civile al 100% e vorrei sapere se ho diritto all’incremento.

Purtroppo no. L’assegno ordinario di invalidità IO di 580 euro mensili sommato alla pensione di invalido civile (333,33 euro per 13 mensilità) va a superare il limite di 9.555,65 euro annui previsti per l’incremento.
Per maggiori informazioni consulti il nostro approfondimento dedicato a La maggiorazione delle pensioni di invalidità 

INVALIDITÀ CIVILE E HANDICAP (104)

In questi mesi ho avuto una diagnosi di leucemia mieloide cronica. Mi sto ancora orientando rispetto alle future prossime necessità e mi chiedo come ottenere eventuali pensioni o assegni per invalidità civile e altri supporti anche al lavoro. Non so da che parte iniziare.

Le provvidenze economiche assistenziali (assegni, pensioni, indennità) vengono erogate solo se si è in possesso di verbale di invalidità. La prima cosa da fare, pertanto, è richiedere l’accertamento dell’invalidità civile. È consigliato richiedere contestualmente anche l’accertamento dell’handicap (Legge 104/1992); quest’ultima condizione, se riconosciuta nella situazione di gravità, apre l’opportunità di permessi lavorativi per il diretto interessato o per chi lo assiste.

Entrambe le valutazioni se richieste vengono effettuate in un’unica soluzione. La domanda va presentata all’INPS per via telematica. Il primo passaggio è rivolgersi al medico curante che compila un certificato introduttivo che illustra le condizioni sanitarie e annota tutte le informazioni utili al successivo accertamento. Questo certificato va unito alla domanda vera e propria che si può presentare appoggiandosi ad un patronato sindacale oppure accedendo al sito dell’INPS utilizzando il proprio PIN/SPID precedentemente richiesto nello stesso sito (www.inps.it). Di recente è stata introdotta anche la possibilità di allegare la documentazione specialistica di cui si è in possesso.

Dopo la presentazione della domanda, possono esserci due esiti. La commissione valuta la situazione sugli atti (documentazione sanitaria) anche senza convocazione a visita. Un alternativa l’interessato riceve la formale convocazione a visita presso la ASL o presso l’INPS. La visita o la valutazione sugli atti si concludono comunquen con un verbale che successivamente verrà inviato all’interessato. Se l’invalidità riconosciuta comporta la concessione di provvidenze economiche (pensioni, assegni, indennità) una successiva comunicazione dell’INPS richiederà ulteriori informazioni (reddito personale, ricovero, numero di conto su cui versare le provvidenze).

In caso di patologia oncologica, e quindi anche ematologica, è previsto un iter di accertamento accelerato con la convocazione entro 15 giorni dalla domanda (art. 6 legge 80/2006). Fondamentale, pertanto che il medico curante indichi nel certificato introduttivo l’eventuale sussistenza di una patologia oncologica/ematologica in atto e il riferimento alla legge 80/2006 (c’è una casella specifica da barrare).

La stessa attenzione (indicare la legge 80 e la presenza di una patologia oncologica/ematologica) va posta anche al momento della presentazione della domanda vera e propria.

Chi è affetto da malattia oncologica con sedute di chemioterapia, viene riconosciuto persona con handicap grave 104 e l’indennità di accompagnamento?

Ad oggi non c’è formalmente alcun automatismo giuridico fra pratica della chemioterapia (o terapie assimilabili o terapie salvavita) e riconoscimento dell’handicap con connotazione di gravità (legge 104/1992, art. 3 comma 3) né, tantomeno, c’è automatismo con la concessione dell’indennità di accompagnamento. Sono valutazioni cliniche, sanitarie e di necessità assistenziali comunque affidate alla discrezionalità delle Commissioni di valutazione.

Con queste premesse, si rileva comunque negli anni una consolidata tendenza in questi casi a riconoscere la condizione di handicap con connotazione di gravità, prevalentemente concessa prevedendo rivedibilità nel tempo con scadenze variabili.

Mi è stato comunicato che solo nei casi di pazienti gravemente allettati è prevista la procedura di visita a domicilio mentre parrebbe categoricamente esclusa la valutazione della sola documentazione in assenza del paziente.  Potrei sapere se tutto ciò è regolare?

La possibilità –  discrezionale da parte della commissione – di effettuare la valutazione sugli atti è prevista per legge. Per la precisione la legge 120/2020 di conversione del decreto legge 76/20 ha introdotto la possibilità di valutare invalidità e handicap a distanza, senza visita (art. 29 ter).

In particolare questa norma consente alle commissioni, di effettuare le valutazioni di invalidità civile e di handicap (legge 104/1992) anche solo sugli atti e sulla documentazione clinica inviata dalla persona, non convocandola quindi a visita diretta.

Questa modalità era già utilizzata in passato ad esempio nel caso delle visite finalizzate a decidere l’esonero dell’interessato da ogni visita di verifica o di patologie oncologiche (legge 80/06) o per revisioni straordinarie.

Durante poi la fase iniziale di pandemia, dovendo sospendere le visite di accertamento, già l’INPS aveva sperimentato questa modalità anche per prime visite o aggravamenti, sempre nel caso specifico delle persone per le quali sussistessero evidenti condizioni di gravità.

La norma vigente ha introdotto in maniera strutturale questa possibilità, in generale, per tutti gli accertamenti di invalidità e handicap (prime visite o revisioni ordinarie) e per tutti i casi in cui “sia presente una documentazione sanitaria che consenta una valutazione obiettiva”.

La valutazione sugli atti può essere quindi disposta da INPS/ASL, che chiede appunto l’invio dei documenti, senza convocare a visita; oppure a richiesta del diretto interessato o da chi lo rappresenta, contestualmente all’invio della documentazione, o se il medico di base inserisce tale richiesta nel certificato medico introduttivo all’INPS.

In tale secondo caso spetta al responsabile della commissione di accertamento indicare la documentazione sanitaria da produrre. Nelle ipotesi in cui la documentazione non sia sufficiente per una valutazione obiettiva, l’interessato viene invece poi convocato a visita diretta.

Quindi non corrisponde al vero che non è possibile effettuare valutazione solo sugli atti, ma è una discrezionalità della commissione.

Per maggiori informazioni suggeriamo la consultazione la nostra scheda dedicata a L’invalidità civile e l’handicap 

Mi è stato diagnosticato un mieloma multiplo ed ho iniziato la chemioterapia. Ho chiesto l’aggravamento dell’invalidità. Potete consigliarmi quale certificazione portare alla visita che finalmente è stata fissata dopo 4 mesi?

Suggeriamo di presentare o inviare  copia della documentazione sanitaria utile alla valutazione, meglio se rilasciata da una struttura pubblica o comunque da uno specialista. Sono utili tutti i referti più recenti; è utile una breve relazione sulla situazione clinica attuale e pregressa rilasciata dallo specialista che ha in carico la persona e che potrebbe essere richiesta in occasione di una visita di controllo. È molto utile presentare copia delle lettere di dimissioni degli ultimi ricoveri, se ci sono stati. Le lettere di dimissioni contengono solitamente anche un sunto del quadro clinico complessivo.

Sotto il profilo pratico è utile e raccomandabile presentarsi con copie di questi documenti che la Commissione acquisirà agli atti.

Per maggiori informazioni suggeriamo la consultazione la nostra scheda dedicata a  L’invalidità civile e l’handicap 

PERMESSI E CONGEDI

Uso i permessi lavorativi 104/1992 per assistere mio marito riconosciuto persona con grave disabilità circa due anni fa. Il mese prossimo il suo verbale scade e deve essere convocato a nuova visita. Mentre aspettiamo posso continuare a fruire dei permessi? Devo fare domanda? Sono una dipendente del privato.

Esiste una norma (legge 114/2014; art. 25) che ha sancito un principio importante: nell’attesa della revisione dei verbali di invalidità civile e di handicap (104) rimangono vigenti tutte le prestazioni, le agevolazioni e le eventuali provvidenze economiche fino a nuova visita. Questo vale anche per i permessi lavorativi (articolo 33 della legge 104/1992).

La circolare INPS 127 dell’8 luglio 2016 ha precisato che chi fruisce dei permessi mentre è in attesa di revisione non è necessario che presenti nessuna nuova domanda. La domanda è invece necessaria se si sta fruendo dei congedi (quelli straordinari fino a due anni anche frazionabili).

CONTRASSEGNO INVALIDI

Mi è stata riconosciuta l’invalidità al 100% e l’handicap grave (104) a causa di postumi da una patologia ematologica. Ho diritto di ottenere il contrassegno per il parcheggio disabili? La polizia municipale della mia città afferma che questo diritto deve essere espressamente riportato nei verbali.

La polizia locale– in rappresentanza del Sindaco – rilascia il contrassegno disabili nel rispetto dell’articolo 381 del Regolamento del codice della strada. In effetti per il rilascio di quel documento è necessario che il richiedente sia in possesso di adeguata documentazione. Non è sufficiente il riconoscimento di una percentuale di invalidità, quand’anche elevata, o della condizione di handicap anche se con connotazione di gravità (art. 3, comma 3, legge 104/1992).

Infatti il contrassegno non viene concesso a tutte le persone con disabilità ma solo ai ciechi e ad invalidi con una capacità di deambulazione ridotta.

Viene quindi richiesto che in uno di quei verbali vi sia la specifica annotazione “Invalido con “capacità di deambulazione sensibilmente ridotta (articolo 381, decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495)”.

Se non c’è quell’annotazione il Comune di competenza non rilascia il contrassegno.

Quella condizione – va detto – può essere accertata oltre che dalla Commissione che valuta invalidità civile o handicap, anche dal servizio di medicina legale della ASL di residenza. Ma la sostanza è comunque quella: senza l’esplicita indicazione il contrassegno non deve essere concesso.

SPESE PER LA BADANTE

Mio padre malato oncologico con handicap grave (104), si avvale dell’assistenza di una badante. Essendo nel mio nucleo familiare e convivente con me, posso scaricare oltre alla percentuale di stipendio corrisposto alla badante anche la quota di contributi?

Le norme vigenti prevedono due forme, fra loro cumulabili, di agevolazioni fiscali per le spese per addetti ai servizi domestici (colf e badanti con regolare contratto anche a part time) e per addetti all’assistenza.

La prima agevolazione consente di detrarre dall’Irpef, nella misura del 19%, le spese sostenute per gli addetti all’assistenza personale nei casi di “non autosufficienza” del disabile nel compimento degli atti della vita quotidiana. La detrazione viene calcolata su un ammontare di spesa non superiore a 2.100 euro e spetta solo quando il reddito complessivo del contribuente non è superiore a 40.000 euro. La non autosufficienza deve risultare da certificazione medica. Sono considerate “non autosufficienti”, per esempio, le persone non in grado di assumere alimenti, espletare le funzioni fisiologiche o provvedere all’igiene personale, deambulare, indossare gli indumenti.

La seconda agevolazione è la possibilità di dedurre dal reddito imponibile i contributi previdenziali e assistenziali obbligatori versati per gli addetti ai servizi domestici e familiari (per esempio, colf, baby-sitter e assistenti delle persone anziane), fino all’importo massimo di 1.549,37 euro.

AGEVOLAZIONI SU GAS E ENERGIA ELETTRICA

Ho ottenuto il riconoscimento di invalido con indennità di accompagnamento e la gravità dell’handicap (legge 104/1992). Vorrei capire se ho diritto a sconti su luce e gas e come richiederli.

Negli anni sono state previste alcune agevolazioni per i consumi energetici che sono stare regolamentate da all’Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente (ARERA). I bonus sociali vanno distinti in due categorie: il bonus per disagio economico (gas, acqua, elettricità) e il bonus per disagio fisico (elettricità). Sono fra loro cumulabili.

Il bonus sociale per disagio economico per il gas e per l’energia elettrica è riservato a situazioni in cui (alternativamente):

– il nucleo familiare sia in condizione di disagio economico, cioè con un indicatore ISEE non superiore a 8.265 euro (elevati a 12.000 euro per il solo 2022)

– il nucleo familiare conti almeno 4 figli a carico (famiglia numerosa) e indicatore ISEE non superiore a 20.000 euro,

– il nucleo familiare sia titolare di Reddito di cittadinanza o Pensione di cittadinanza.

Il bonus elettrico per disagio economico è variabile a seconda della numerosità del nucleo

Il bonus gas (naturale) per disagio economico è invece variabile a seconda della numerosità del nucleo, della zona climatica e della tipologia di uso (solo riscaldamento, riscaldamento e acqua sanitaria, cottura).

Dal 1° gennaio 2021 i bonus sociali elettrico, gas e acqua per disagio economico sono riconosciuti automaticamente ai cittadini/nuclei familiari che ne hanno diritto. Per attivare il procedimento per il riconoscimento automatico dei bonus sociali agli aventi diritto è necessario e sufficiente presentare la Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) ogni anno e ottenere un’attestazione di ISEE entro la soglia di accesso ai bonus, oppure risultare titolari di Reddito/Pensione di cittadinanza.

Sul bonus sociale per disagio economico c’è stata una novità prevista cosiddetto decreto Aiuti bis (approvato e convertito con modificazioni dalla legge 21 settembre 2022, n. 142).  ARERA ha già provveduto ad aumentare gli importi dei vari bonus per le differenti categorie. È probabile che nel corso del 2023 l’entità dei bonus o la platea dei beneficiari venga ampliata.

Il bonus sociale per disagio fisico invece riguarda solo il consumo di elettricità. Possono ottenere il bonus tutti i clienti domestici (o loro familiari conviventi) affetti da grave patologia che richieda l’uso di apparecchiature elettromedicali per il mantenimento in vita (esempio, ventilatori polmonari, sollevatori, carrozzina elettrica, apparecchi per l’alimentazione enterale…)

L’ammontare del bonus è calcolato sul numero di apparecchi usati, sulla loro tipologia e sulla durata giornaliera di impiego. Questo bonus viene erogato a prescindere dall’ISEE.

È necessario in questi casi presentare una specifica domanda, al Comune di residenza o ad un CAF abilitato, unitamente ad una certificazione rilasciata dalla ASL che attesta l’uso e l’impiego quotidiano di apparecchiature elettromedicali.

PATENTE DI GUIDA

Vorrei sapere se essendo affetti da leucemia linfatica cronica si possano avere problemi per il rinnovo della patente di guida e se c’è l’obbligo di dichiararla in fase di visita medica.

Quella patologia rientra fra le malattie del sangue o fra le patologie oncologiche che vanno dichiarate in sede di rilascio o il rinnovo della patente. Bisogna però sapere che la commissione (patenti) valuta se la persona sia nelle condizioni di poter guidare oppure – e questa è la condizione prevalentemente valutata nelle patologie oncologiche – se la persona assuma farmaci che incidono sul suo Sistema Nervoso Centrale e quindi sulla sua capacità di concentrazione, di reattività, sul rischio di sonnolenza o di intorpidimento. In questo caso richiede documentazione rilasciata dal medico specialista (ematologo/oncologo).

La risposta pertanto è sì: va dichiarata.

Nessuna norma (regolamento del Codice della Strada e atti applicativi anche in funzione delle disposizioni comunitarie) prevede il divieto di concessione della patente B di guida ai pazienti oncologici, in ispecie del sangue. Tuttavia viene sempre richiesta una relazione medico-specialistica sulla condizione clinica generale, sulle terapie farmacologiche con particolare precisazione se incidano o meno sul Sistema Nervoso Centrale.

Sono una donna di 71 anni affetta da mieloma multiplo, ma in remissione. Il mio stato di salute è ottimo, non ho nessuna forma di limitazioni ma faccio una terapia mensile finalizzata al mantenimento della remissione della malattia. In autunno mi scade la patente e vorrei sapere se mi verrà rinnovata.

La commissione patenti valuta se la persona sia nelle condizioni di poter guidare oppure – e questa è la condizione prevalentemente valutata nelle patologie oncologiche – se la persona assuma farmaci che incidono sul suo Sistema Nervoso Centrale e quindi sulla sua capacità di concentrazione, di reattività, sul rischio di sonnolenza o di intorpidimento.

Nessuna norma (regolamento del Codice della Strada e atti applicativi anche in funzione delle disposizioni comunitarie) prevede il divieto di concessione della patente B di guida ai pazienti oncologici, in ispecie del sangue. Tuttavia viene sempre richiesta una relazione medico-specialistica sulla condizione clinica generale, e soprattutto sulle terapie farmacologiche con particolare precisazione se incidano o meno sul Sistema Nervoso Centrale. Ovviamente la valutazione è più articolata se vi è compresenza di altre patologie, limitazioni, affezioni che possono incidere sull’idoneità alla guida. La raccomandazione che formuliamo sempre è di acquisire una relazione dell’ematologo che precisi se c’è trattamento farmacologico in corso e se questo incida sul sistema nervoso (reattività, sonnolenza, concentrazione ecc.).

Lavoro come autista di bus. Di recente mi è stato diagnosticato un linfoma. Ero già in possesso di invalidità al 50% e la 104 art.3 comma 1 per altre patologie. Se faccio domanda di aggravamento rischio di perdere le patenti professionali?

Non possiamo escludere questa eventualità. Ricordiamo infatti che se la commissione ritiene che le patologie rilevate possano incidere sull’idoneità alla guida, segnala il caso alla Motorizzazione che procede alla convocazione a visita per valutare la permanenza della capacità di guida e convertire, se del caso, la patente normale in patente speciale. Nella stessa sede verrà stabilito anche l’eventuale obbligo all’uso di determinati adattamenti alla guida o altre limitazioni o prescrizioni.

Queste precauzioni vengono adottate per le patenti normali quindi ancor più per le patenti cosiddette professionali o che comportano il rilascio di certificato di abilitazione professionale (CAP). Si tenga presente che l’invio alla commissione locale per le patenti può avvenire anche a prescindere dalla visita per la valutazione dell’invalidità civile o per la 104.

CONGEDO PER CURE

Sono un lavoratore dipendente con una invalidità del 75%. Vorrei recarmi presso un centro privato per svolgere alcune terapie avanzate che migliorino la mia condizione di salute. Devo prendere malattia?

No. Agli invalidi civili con invalidità riconosciuta superiore al 50% è concessa la possibilità di fruire di 30 giorni annuali (anche non continuativi) di congedo per cure connesse al proprio stato invalidante.

La domanda va presentata al datore di lavoro allegando la certificazione del medico convenzionato con il SSN o afferente ad una struttura sanitaria pubblica dalla quale risulti la necessità della cura in correlazione con l’infermità invalidante. Va allegato anche il verbale di invalidità civile.

Il dipendente è tenuto a documentare l’avvenuta sottoposizione alle cure, presentando idonea certificazione rilasciata dal centro medico o dall’ospedale dove è stata effettuata la cura, la terapia o altro. Nei casi di cicli di terapie o cure, le ripetute assenze possono essere giustificate anche con una sola attestazione cumulativa.

Importante ricordare che il congedo per cure non è computato nel periodo di comporto.

Essendo un lavoratore dipendente con u’ invalidità civile totale riconosciuta, intendo avvalermi del congedo per cure che mi risulta essere di trenta giorni. Ma nei trenta giorni si conteggiano anche i sabati e le domeniche?

L’articolo 7 del decreto legislativo 119/2011 prevede al comma 1 che “i lavoratori mutilati e invalidi civili cui sia stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa superiore al cinquanta per cento possono fruire ogni anno, anche in maniera frazionata, di un congedo per cure per un periodo non superiore a trenta giorni.

Il congedo di cui al comma 1 è accordato dal datore di lavoro a seguito di domanda del dipendente interessato accompagnata dalla richiesta del medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale o appartenente ad una struttura sanitaria pubblica dalla quale risulti la necessità della cura in relazione all’infermità invalidante riconosciuta.”

I 30 giorni di congedo per cure, non fruiti nell’anno di competenza, non possono essere cumulati e usufruiti successivamente.

Si ritiene che i giorni debbano essere di calendario ma non necessariamente consecutivi (come sembra evincersi anche dalla nota del Ministero del Welfare del 6 aprile 2004). Relativamente al conteggio dei giorni di sabato e domenica, riteniamo che questi non vadano conteggiati come giorni di congedo, se non esplicitamente compresi nel certificato della struttura presso la quale si sono svolte le cure.

Per maggiori informazioni consulti la nostra scheda I congedi per cura

LAVORO E MALATTIA

Negli ultimi due anni a causa di una patologia oncologica sono rimasto assente per periodi molto prolungati dal lavoro. Mi hanno avvertito che rischio di superare il periodo di comporto. Che cosa significa e cosa comporta?

Il periodo di comporto è quel limite massimo di giorni di malattia oltre il quale il datore di lavoro può recedere dal contratto. Il periodo di comporto è solitamente regolamentato dai contratti collettivi nazionali di lavoro. Alcuni prevedono che nel caso di terapie salvavita o in presenza di particolari patologie quel periodo venga allungato.

Per conoscere le regole e l’ampiezza del periodo di comporto è sempre necessario conoscere il contratto collettivo di riferimento.

Nel certificato di malattia nei dati prognosi si trova scritto la seguente dicitura: “Agevolazioni normative: “Stato patologico sotteso o connesso alla situazione di invalidità riconosciuta”.” Cosa significa, ma soprattutto che agevolazioni dà?

È una annotazione utile a INPS per evitare di predisporre visite fiscali e, conseguentemente a lei, di evitare l’obbligo di reperibilità previsto per la generalità dei lavoratori in malattia.

SEDE DI LAVORO

Ho un figlio con grave disabilità a causa di una malattia ematologica. Mi chiedevo se mi spettava di diritto l’avvicinamento alla sede di lavoro più vicina a casa o possa essere una cosa opzionale da parte della mia azienda.

La richiesta di trasferimento o di avvicinamento, per i familiari di persone con handicap grave (legge 104/1992) è un interesse legittimo, ma non un diritto soggettivo. Il che significa che l’azienda, per motivi tecnico-organizzativa, può non accogliere la richiesta di trasferimento.

In ambito pubblico poi il regime dei trasferimenti (fra sedi, fra amministrazioni, fra amministrazioni dello stesso comparto o di comparto differente) segue regolamentazioni e prassi differenti che comunque presuppongono la valutazione caso per caso delle diverse situazioni.

AGEVOLAZIONI AUTO

Vorrei informazioni sull’esenzione bollo auto. All’Aci locale mi hanno detto che non era possibile richiederla perché l’invalidità di mia figlia, per linfoma, è temporanea. Non sono molto convinta, mi potete dire come funziona?

La “temporaneità” c’entra poco: piuttosto va precisato che non tutte le disabilità godono delle agevolazioni fiscali, in particolare poi se nel verbale di invalidità o di handicap non sono previste – al di là della gravità – talune specifiche voci. Ma andiamo per ordine.

La materia relativa al bollo auto fin dal 2001 è di competenza delle Regioni e delle Province autonome che quindi disciplinano anche i criteri di accesso alle eventuali riduzioni ed esenzioni.

In linea generale le Regioni hanno mantenuto tendenzialmente criteri omogenei a quelli previsti per l’applicazione dell’IVA agevolata. Conseguentemente l’esenzione viene concessa a persone con disabilità motoria, intellettiva (solo se titolari di indennità di accompagnamento e con certificato di handicap grave) o sensoriale (non vedenti e sordi). Alcune regioni hanno previsto qualche formula di maggior favore.

Quanto alle patologie oncologiche si pone sempre il problema, per poter accedere a questi benefici, di dimostrare che la patologia comporta effettivamente anche una delle disabilità elencate sopra. Purtroppo sovente in presenza di una patologia oncoematologica quella annotazione non c’è, non viene proprio riconosciuta, non trattandosi né di una menomazione motoria, né sensoriale, né intellettiva.

Non è quindi sufficiente una data percentuale di invalidità (anche se elevata) o la titolarità di una qualche esenzione. Fa fede invece quanto indicato nel verbale di invalidità o di handicap (legge 104/1992). Per questo motivo molte persone con patologie oncologiche non hanno formalmente diritto ad accedere a questi benefici.

Per maggiori informazioni consulti la nostra scheda Le agevolazioni sui veicoli 

Sono in possesso dei certificati provvisori di legge 104 (art.3 comma. 3) e invalidità (100%), per malattia oncologica rilasciati dall’INPS. Con questi verbali ho richiesto l’agevolazione prevista per acquisto auto ma mi è stata negata in quanto i certificati sono provvisori. È corretto?

L’accertamento provvisorio produce effetti solo ai fini della concessione dei permessi lavorativi Legge 104/92 e ai fini della concessione del congedo biennale retribuito fino all’emissione del verbale da parte della Commissione medica.

Per accedere alle agevolazioni fiscali sui veicoli è necessario attendere la documentazione definitiva contenente le voci fiscali che danno titolo alle agevolazioni in esame e verificare soprattutto se contengano le voci fiscali che danno effettivamente diritto a quei benefici. Va poi detto che non è in sé sufficiente il verbale di handicap grave e/o di invalidità civile per ottenere le agevolazioni: serve la precisa indicazione di quelle “voci fiscali” che si potranno o meno rilevare nel verbale definitivo.

Per maggiori informazioni consulti la nostra scheda Le agevolazioni sui veicoli [link https://pazienti.ail.it/le-agevolazioni-sui-veicoli/]

PERMESSI E CONGEDI

Sono una persona con esiti recenti di una patologia ematologica e in possesso di verbale di handicap con gravità (legge 104, art. 3 comma 3). Oltre ai permessi di tre giorni al mese ho diritto anche ai due anni di congedo straordinario retribuito?

Il congedo straordinario previsto dall’articolo 42 del decreto legislativo 151/2001 ad oggi è concesso solo ai familiari (peraltro con limitazioni e condizioni) che assistano una persona con grave disabilità. Non è esteso al lavoratore per se stesso.

Per maggiori informazioni consulti la nostra scheda Le agevolazioni per i familiari

ISEE

Il modello ISEE è obbligatorio? È se non lo è, a cosa serve?

L’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) è uno strumento per rilevare e ponderare la disponibilità economica dei nuclei familiari. Viene considerata la loro composizione, i loro redditi, i loro patrimoni, applicate franchigie e detrazioni.

L’ISEE viene richiesto per accedere ad alcune prestazioni sociali agevolate. Chi supera una certa soglia ISEE non accede o accede con compartecipazione economica. O ancora viene richiesto per ottenere alcune esenzioni (es. Tasse scolastiche ultimi anni delle superiori).

In questo senso non è “obbligatorio”, ma è necessario quando si richiedono quelle prestazioni o agevolazioni. Per ottenere l’ISEE ci si può rivolgere ad un CAF producendo la documentazione poi richiesta.

INVALIDITÀ CIVILE E PENSIONI

Sono un pensionato invalido civile al 100% e con indennità di accompagnamento e per motivi personali voglio trasferirmi in Spagna. Vorrei sapere se il cambio di residenza inciderà sulla mia pensione di invalidità.

Le prestazioni economiche di invalidità civile presuppongono il requisito della residenza in Italia. Il requisito della residenza deve ritenersi soddisfatto in caso di dimora effettiva, stabile ed abituale in Italia del soggetto interessato. (INPS m. 20966 del 20/12/2013)

Il requisito della residenza in Italia viene meno quando la permanenza fuori dal territorio italiano si prolunghi oltre i sei mesi. Detto termine risulta ulteriormente estensibile nel caso in cui ricorrano gravi motivi sanitari idoneamente documentati da parte dell’interessato (ad es: interventi terapeutici, ricoveri, cure specialistiche da effettuarsi presso strutture sanitarie estere, esigenza di assistenza continua da parte di un familiare residente all’estero, esigenza di acquisire farmaci disponibili fuori dal territorio italiano ecc.).

Le strutture territoriali sono tenute alla verifica e controllo della effettiva dimora dell’interessato in Italia e devono procedere alla sospensione della prestazione di invalidità civile se vengono superati i limiti temporali di cui sopra.

Decorso un anno dalla sospensione e verificato il permanere della mancanza del requisito della residenza, si procederà alla revoca del beneficio.

Nel caso, invece, di spostamento di “breve durata” le prestazioni economiche verranno erogate nella modalità utilizzata abitualmente.

INVALIDITÀ PREVIDENZIALE

Sono un operaio di una azienda metalmeccanica con esiti da leucemia mieloide cronica e sono riconosciuto invalido civile all’85%. Mi dicono che in quanto invalido potrei ottenere una integrazione al mio reddito di lavoratore. Di cosa si tratta? E come lo ottengo?

L’Assegno ordinario di invalidità è una forma di integrazione al reddito che viene riconosciuta in presenza di riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo “a causa di infermità o difetto fisico o mentale” e a condizione che il lavoratore abbia già versato almeno 260 contributi settimanali (cinque anni di contribuzione e assicurazione) di cui 156 (tre anni di contribuzione e assicurazione) nel quinquennio precedente la data di presentazione della domanda.

L’assegno è compatibile con lo svolgimento dell’attività lavorativa.

Non va confuso con l’assegno riconosciuto agli invalidi civili parziali. Infatti anche la valutazione e il procedimento sono differenti.

Per ottenere l’assegno va presentata una domanda a INPS (patronati o sito web INPS) allegando anche una certificazione rilasciata dal medico curante (mod. SS3).

L’assegno solitamente è attribuito per tre anni ed è rinnovabile con una nuova domanda.

 Sapreste dirmi come funziona la revisione sanitaria ad un anno per l’assegno ordinario di invalidità? Quando ho avuto l’esito positivo dell’accoglimento della domanda, mi é stata indicata una revisione sanitaria ad un anno, (perché lavoro probabilmente). Devo rifare domanda io con il certificato SS3 (come avviene scaduti i 3 anni) o mi convoca l’INPS?

Talvolta l’assegno ordinario di invalidità viene riconosciuto per periodi inferiori ai consueti tre anni. Questo è indipendente dal fatto che l’interessato lavori. Il procedimento per la revisione è identico a quello previsto per periodi più lunghi di concessione. Il richiamo ai tre anni e al modello SS3 che esprime nella sua mail è corretto. Le ricordiamo che può farsi assistere da un patronato sindacale.

INDENNITÀ DI ACCOMPAGNAMENTO

Sono affetta da Mieloma Multiplo diagnosticato nel marzo 2014. Fino ad agosto 2020 percepivo pensione di invalidità civile e indennità di accompagnamento. Dopo l’ultima visita di revisione mi è stata riconosciuta l’invalidità al 100%, la L. 104 ma non l’indennità di accompagnamento. Vorrei sapere se con la mia patologia ho diritto a percepire l’indennità di accompagnamento e come fare per ottenerla.

L’indennità di accompagnamento viene erogata quando e se vengono riconosciute specifiche condizioni cliniche e assistenziali. A seguito di visita di revisione, quella condizione non è stata riconosciuta.

Di fronte a questa decisione, formalizzata nel verbale, sono possibili solo due azioni: o presentare una nuova richiesta di accertamento per aggravamento (la procedura è la stessa che ha appena seguito), oppure presentare ricorso in giudizio con l’assistenza di un legale e di un perito.

Precisiamo, viste anche le numerose informazioni errate che circolano, che non esiste per legge nessun automatismo fra la pratica di terapie salvavita (anche chemioterapia in caso di patologie oncologiche, per intenderci) e concessione dell’indennità di accompagnamento. La valutazione avviene caso per caso.

ESENZIONE TICKET

Da poche settimane ho avuto una diagnosi di leucemia linfatica, ma non ho ancora richiesto l’esenzione ticket. A chi mi devo rivolgere? Come devo fare?

L’esenzione si ottiene rivolgendosi alla propria ASL presentando la certificazione rilasciata dal medico specialista che attesti la patologia. Il codice di esenzione è inserito nella tessera sanitaria e riportato dal medico nelle relative prescrizioni per farmaci o visite specialistiche. In questo caso il codice previsto è lo 048. Il codice di esenzione 048 può essere concesso per un tempo limitato (cinque, dieci anni) oppure illimitato. Nel caso l’esenzione sia limitata, alla scadenza va ripresentata la domanda con la relativa certificazione. Esistono anche ulteriori forme e codici di esenzione riservate agli invalidi civili e calibrate a seconda del grado di invalidità riconosciuta.

ASSISTENZA SANITARIA

Per diversi motivi assistenziali, sanitari e familiari devo spostarmi dalla Calabria all’Emilia  Romagna dove risiede mia figlia. Però non ho compreso se continuo a ricevere assistenza sanitaria avendo cambiato ASL.

Nel diritto sanitario è previsto l’importante principio della garanzia alla continuità assistenziale. Nei casi come questo la persona può richiedere il domicilio sanitario presso la ASL in cui si trova ricevendo quindi l’assistenza sanitaria di cui ha necessità. Si può richiedere il domicilio sanitario per un lasso di tempo non inferiore a 3 mesi e non superiore a 12 mesi che può essere tuttavia rinnovato.

La richiesta di domicilio sanitario va rivolta agli uffici preposti della ASL di dimora provvisoria. Solitamente alla domanda va allegata copia della propria tessera sanitaria e di un documento di riconoscimento oltre a documentazione a supporto del trasferimento provvisorio.

LAVORO E MALATTIA

Sono un dipendente di un ministero. A causa di un patologia ematologica sono assente per malattia ormai da 14 mesi. Ho notato che la mia retribuzione è drasticamente diminuita. È corretto?

Purtroppo questo trova conferma nella disciplina del pubblico impiego che prevede una progressiva diminuzione del trattamento economico man mano che aumenta il periodo di malattia. Dall’inizio della malattia fino al nono mese incluso la retribuzione è intera. Scende al 90% dal decimo al dodicesimo mese di assenza per poi scendere ancora al 50% fino al 18 mese.

Da qualche mese sono in cura per il mieloma multiplo e attualmente seguo una terapia salvavita due volte alla settimana. Per giustificare le assenze al lavoro (contratto metalmeccanico) richiedo il certificato telematico al medico di base. Non è chiaro se il mio datore di lavoro riconosca questi giorni, conteggiati al di fuori della malattia. Come vanno gestite le assenze nei giorni di terapia?

Ci chiede se chi, affetto da patologie gravi che svolga terapie salvavita, rientra o meno nello scorporo del periodo di comporto, cioè il numero massimo di giorni di assenza – variabile a seconda del contratto collettivo – attribuito al lavoratore prima di poter essere licenziato.

Purtroppo la risposta non è ancora univoca, ma legata al singolo contratto collettivo nazionale di lavoro. Sarebbe necessario quindi verificare che cosa esattamente il suo contratto collettivo nazionale di lavoro preveda sul punto. Quasi sempre lo scorporo viene riconosciuto in casi di ricovero o in day hospital legati alla terapia salvavita; alcuni contratti stanno anche consentendo il computo nei giorni di terapia salvavita quelli successivi nel caso vi siano significativi effetti collaterali direttamente connessi alle terapie. Il consiglio e di sentire il sindacato di riferimento che, senza dubbio, conosce perfettamente il Contratto.

LAVORO E MEDICO COMPETENTE

Da 3 mesi mi hanno diagnosticato una leucemia mieloide in fase cronica. Lavoro in un magazzino e trovo sempre più difficoltà a portare a termine le mansioni che mi vengono assegnate. Cosa posso fare?

Ciò che può fare, sia lei che l’Azienda per cui lavora, è attivare la sorveglianza sanitaria tramite il “medico competente” (quello indicato dall’azienda per queste attività) che verifica – in estrema sintesi – la compatibilità fra le mansioni assegnate e svolte e i rischi per le condizioni di salute del lavoratore.

Analizzando anche le mansioni svolte e il contesto lavorativo, il medico può concludere che non comportano un maggior rischio, oppure che comportano rischio e quindi prescrive una inidoneità temporanea (si resta a casa senza retribuzione) oppure che il rischio può essere contenuto adottando alcuni accorgimenti (es. lavoro agile, lavoro in contesti protetti, altre prescrizioni) e quindi dichiara una idoneità con prescrizioni/limitazioni.

Se l’azienda non è materialmente in grado di rispettare le prescrizioni, il lavoratore fragile “resta a casa”. Salvo alcuni casi particolari (esempio, dipendenti della scuola che sono praticamente posti in malattia d’ufficio), l’assenza che deriva dalla combinazione di situazioni che abbiamo detto non è retribuita, pur essendo prevista la conservazione del posto.

Per completezza, il medico competente può anche stabilire l’idoneità senza prescrizioni o, ancora, la completa inidoneità.

INVALIDITÀ CIVILE E LAVORO

Sono un giovane di 34 anni che ha affrontato due volte la diagnosi di Linfoma di Hodgkin; dopo un autotrapianto di cellule emopoietiche, effettuato lo scorso anno. Sono stato riconosciuto invalido con totale e permanente inabilità lavorativa al 100% e sono in possesso di un verbale di handicap grave (legge 104). Vorrei capire se  questa mia condizione può influire negativamente sulla ricerca di un lavoro.

In linea generale il certificato di invalidità totale o quello di handicap grave (104/1992) non sono incompatibili con lo svolgimento di attività lavorativa.

Nemmeno se è stata certificata la totale e permanente inabilità lavorativa esiste alcuna incompatibilità con il lavoro (decreto del ministero della Sanità 5 febbraio 1992).

Anche chi è riconosciuto persona con handicap grave (legge 5 febbraio 1992, n. 104) può lavorare. Se così non fosse, il Legislatore, nella stessa norma (articolo 33) non avrebbe previsto di concedere permessi lavorativi ai lavoratori riconosciuti persone con handicap grave.

Ma la compatibilità fra invalidità al 100% e lo svolgimento di attività lavorativa è ancora più evidente dalla lettura della legge 12 marzo 1999, n. 68 che prevede una tutela specifica per i lavoratori con invalidità civile al 100%. Se le persone con invalidità totale non potessero svolgere attività lavorativa di alcun tipo, non sarebbero incluse nella normativa che riguarda il diritto al lavoro.

ASSENZE PER MALATTIA

Nei giorni scorsi mi sono sottoposta ad un salasso terapeutico, essendo affetta da trombocitemia. Ho portato al mio datore di lavoro il certificato emesso dal centro trasfusionale dell’ospedale che attestava che ero stata assente dalle 13:00 del pomeriggio. Poiché non sono rientrata al lavoro l’ufficio del personale mi conteggia l’intero pomeriggio come ferie. Come debbo fare per farmi riconoscere la mezza giornata o eventualmente la giornata intera come malattia, visto che comunque dopo il salasso non me la sento di tornare al lavoro? Chi mi deve attestare la malattia?

Il computo dell’assenza come malattia (o, in alternativa ad alcune condizioni di terapia salvavita) deve basarsi su certificazione medica rilasciata dal centro o dalla struttura che ha eseguito la terapia.

La certificazione è valida – e non sindacabile dal datore di lavoro – per l’orario indicato dalla struttura stessa. In linea generale la terapia salvavita (se ritenuta tale) per grave patologia è riferita alla stretta durata della stessa, anche se vi sono difformità applicative. In ogni caso, che sia un’assenza per patologia o che sia un’assenza per malattia, deve sussistere una certificazione medica per l’intero orario, o giornate di assenza, altrimenti l’Azienda non può conteggiarla come tale.

Primo chiarimento quindi: la concessione dell’intera giornata come malattia non dipende dall’Azienda, ma da una certificazione medica.

Secondo chiarimento: per coprire l’intera giornata come malattia o come terapia salvavita o come entrambe (prima l’una e poi l’altra) il lavoratore deve esibire relativa/e certificazione/i.

LISTE DI COLLOCAMENTO

Ho subito un trapianto allogenico. Ho un’invalidità del 100%. Vorrei sapere se posso iscrivermi alle categorie protette una volta riacquistata la condizione per poter lavorare.

L’iscrizione alle categorie protette (ex legge 68/1999) è possibile anche se l’interessato è un lavoratore autonomo ma solo se il suo reddito è molto basso (4800 euro/annui).

Per l’iscrizione alle liste di collocamento delle categorie protette è però necessario essere in possesso di uno specifico verbale (legge 68/1999) rilasciato dalla stessa commissione che già le ha riconosciuto l’invalidità. Va quindi richiesta una nuova visita seguendo il medesimo iter già intrapreso in precedenza (il medico curante redige il certificato introduttivo su sistema INPS indicando la legge 68; va presentata la domanda e poi ci si presenta a visita).

Con il conseguente verbale si richiede l’iscrizione alle liste. In realtà potrebbe già chiedere l’iscrizione con il verbale di invalidità di cui dispone, ma il percorso verrebbe perfezionato con il verbale ex legge 68/1999.

DIRITTO AL PART- TIME

Ho concluso a settembre 2020 le terapie per un Linfoma e sono attualmente in remissione con controlli trimestrali. Sono titolare di invalidità 100% ma in attesa di revisione. Dato che a settembre, al più tardi, mi sarà richiesto di tornare in ufficio con orario pieno, vorrei  richiedere il part time: ne avrei diritto? E poi potrei tornare full time?

Il decreto legislativo 81/2015 all’articolo 8 stabilisce che “i lavoratori del settore pubblico e del settore privato affetti da patologie oncologiche nonché da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, eventualmente anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita (…) hanno diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale. A richiesta del lavoratore il rapporto di lavoro a tempo parziale è trasformato nuovamente in rapporto di lavoro a tempo pieno.”
Quindi il diritto al part time sussiste senza dubbio.

Lo stesso articolo prevede che la condizione di patologia oncologica e la correlata riduzione della capacità lavorativa sia “accertata da una commissione medica istituita presso l’azienda unità sanitaria locale territorialmente competente.”

PIANO TERAPEUTICO (PT)

Il mio Piano terapeutico è stato rinnovato dal 13.06.2021 al 12.06.2022. Ho cambiato residenza e riscontro dei problemi nel farmi erogare il farmaco. Come faccio?

Possiamo immaginare che il Piano terapeutico riguardi l’erogazione di un prodotto farmaceutico a carico del Servizio Sanitario Nazionale. In linea generale, pur essendo leggermente differente la procedura a seconda della tipologia dei prodotti, il Piano terapeutico, se elaborato da uno specialista autorizzato, e nel suo caso non abbiamo dubbi che lo sia, deve (doveva) comunque essere comunicato al Servizio Farmaceutico della ASL di residenza. A questo si aggiunga che, con l’obiettivo della dematerializzazione delle ricette e anche dei Piani Terapeutici, questi ultimi dovrebbero essere già resi in formato elettronico (con un promemoria scritto) dallo stesso specialista autorizzato. Probabilmente il suo già lo è. Il che significa che ha un numero univoco nazionale che già la ASL dovrebbe poter conoscere.

In ogni caso, nell’ordine, va sentito innanzitutto il medico di famiglia che verosimilmente già conosce il meccanismo e i riferimenti nella ASL; in seconda battuta va sentito lo stesso medico specialista che ha redatto il verbale; e in ultima istanza (anche se è il responsabile reale) va sentito il Servizio Farmaceutico della nuova ASL. Riteniamo sia meramente un risolvibile problema di trasmissione dati.

Al contrario se il PT (Piano terapeutico) è stato redatto nella precedente formula cartacea, può sentire lo specialista affinché lo rediga in modalità elettronica (PTE, Piano terapeutico elettronico) e che questi entri quindi nel sistema univoco nazionale.

 

 

 

Invalidità civile e l’handicap

Per accedere alle misure di assistenza sociale è necessario che sia accertato lo status di invalido civile o di persona con handicap (legge 104/1992), condizioni normalmente riconosciute, pur con diverse graduazioni, anche a persone con leucemie, linfomi o mielomi.

PERCHÈ RICHIEDERE L’ACCERTAMENTO

L’invalidità civile consente di accedere ad alcuni benefici e provvidenze economiche. L’handicap con connotazione di gravità è invece la condizione per fruire di alcune agevolazioni lavorative   e in alcuni casi agevolazioni fiscali  o supporti al diritto allo studio. Si suggerisce sempre di richiedere entrambi gli accertamenti.

COME RICHIEDERE L’ACCERTAMENTO

Il riconoscimento di invalidità e di handicap si avvia rivolgendosi al proprio medico di famiglia o a uno specialista autorizzato dall’INPS che redige il cosiddetto certificato introduttivo. Questo certificato, redatto telematicamente sul sistema INPS, riporta la patologia (diagnosi), l’anamnesi, la terapia farmacologica in atto e i dati del cittadino finalizzati alla successiva domanda di accertamento.

È fondamentale che il medico annoti nel certificato che l’interessato è affetto da una patologia oncologica (incluse quindi quelle oncoematologiche) perché questa precisazione dà diritto a un percorso accelerato di accertamento (entro 15 giorni dalla domanda) e di riconoscimento.

Il medico rilascia  una ricevuta dell’inserimento del certificato nel sistema INPS. A questo punto è possibile presentare la domanda di accertamento vera e propria. Lo si può fare autonomamente entrando con il proprio codice PIN nel sistema informatico INPS oppure rivolgendosi a un patronato sindacale o un’associazione autorizzata.

LA CONVOCAZIONE A VISITA

Dopo la presentazione della domanda, l’interessato riceve la formale convocazione a visita presso la ASL o presso l’INPS. Durante la visita presso la Commissione ASL o INPS l’interessato può farsi assistere, a proprie spese, da un medico di fiducia, ma soprattutto è importante presentare copie della documentazione sanitaria utile alla valutazione (es.: referti ed esami recenti, relazioni specialistiche, lettere di dimissione ospedaliera).

La visita si conclude con un verbale che successivamente verrà inviato all’interessato. Nel caso dei malati oncologici, e quindi anche con patologie oncoematologiche, è prevista una consegna tempestiva del verbale e un immediato accesso a tutte le agevolazioni e prestazioni per invalidità civile e handicap, salvo successive verifiche. Il verbale di invalidità  riporta la percentuale accertata e le eventuali condizioni sanitarie per la concessione dell’indennità di accompagnamento. Il verbale di handicap  (legge 104/1992) indica se è stata rilevata la connotazione di gravità (art. 3, comma 3) oppure no (art. 3, comma 1).

LA VALUTAZIONE SUGLI ATTI

In tempi recenti si è diffusa, in particolare da parte di INPS, di effettuare le valutazioni sugli atti e cioè sulla documentazione sanitaria senza effettuare la visita diretta. Questa formula ha poi trovato conferma in una specifica norma che ha confermato che la visita diretta possa essere evitata quando la documentazione sanitaria e il quadro clinico sono evidenti e ben supportati da referti, relazioni, certificazioni, test già effettuati.

Può quindi accadere che, a fronte di una domanda di accertamento di invalidità o di handicap (104),  anche in fase di revisione del verbale o di richiesta di aggravamento, la commissione richieda l’invio della documentazione per le valutazioni del caso.

Anche in questo caso è importante disporre di una buona relazione del medico specialista che segue la persona, oltre che di eventuali altri referti o (molto utili) lettere di dimissioni ospedaliere per eventuali ricoveri. Nei casi dubbi la commissione provvede alla visita diretta.

ALTRI DOCUMENTI AMMINISTRATIVI

Se l’invalidità riconosciuta comporta la concessione di provvidenze economiche (pensioni, assegni, indennità) una successiva comunicazione dell’INPS richiede ulteriori informazioni (reddito personale, ricovero, numero di conto su cui versare le provvidenze). Anche su questo aspetto è invalsa la prassi di richiedere parte di queste informazioni già prima della visita per accelerare poi i tempi di erogazione di eventuali provvidenze economiche.

In entrambi i verbali può essere indicata una successiva data di revisione. Provvederà l’INPS a convocare la persona a nuova visita. Il verbale e i relativi benefici continuano a valere anche oltre la data di scadenza fintanto che l’iter di revisione non è stato completato.

Nel caso in cui le condizioni di salute si aggravino nel tempo è possibile, seguendo lo stesso iter (medico, domanda, visita), richiedere un nuovo accertamento di invalidità o di handicap.

IL RICORSO

Contro le decisioni assunte dalla Commissione si può presentare ricorso (attualmente denominato  “accertamento tecnico preventivo) presso il Giudice competente entro 180 giorni dalla notifica del verbale. In tal caso è necessario farsi assistere da un legale anche tramite un patronato sindacale. Prima di presentare il ricorso è sempre opportuno effettuare, con il supporto di esperti (medico legale, avvocato), le valutazioni del caso per comprendere quali siano le possibilità di esito favorevole.

L’ISTANZA DI RIESAME

Di fronte ad errori evidenti di valutazione o l’omissione delle voci fiscali è possibile presentare istanza di riesame in autotutela entro 18 mesi dalla notifica del verbale. L’istanza va sempre inoltrata all’INPS territorialmente competente. Va inoltrata via PEC oppure raccomandata A/R oppure presentandosi di persona agli uffici INPS e facendo protocollare l’istanza. Nell’istanza vanno indicati i dati anagrafici (nome cognome, data e luogo di nascita, residenza e codice fiscale). Va indicato correttamente il riferimento al verbale, il numero della domanda, la data della visita e la sua definizione. Va indicato quale status abbia certificato e, se oggetto dell’istanza, le voci fiscali espresse e la data di revisione. L’ultimo elemento è l’espressa richiesta di modificazione del verbale richiamato. Solitamente INPS risponde o accogliendo la modifica ed emettendo un nuovo verbale oppure rigettando l’istanza.

RICHIEDERE L’AGGRAVAMENTO

Qualora una persona già riconosciuta invalida, senza giungere al massimo di percentuale riconoscibile, ritenga che le sue condizioni si siano aggravate, può presentare una nuova domanda di accertamento seguendo la stessa procedura illustrata più sopra. Il medico dovrà avere cura di circostanziare l’avvenuto aggravamento. In sede di visita sarà opportuno disporre di documentazione più recenti che supporti il peggioramento delle condizioni cliniche.

LA REVISIONE

Molto spesso i verbali di invalidità e di handicap (legge 104/1992) prevedono una successiva revisione nel tempo. È variabile: dopo due anni, tre, uno… Va detto che non è l’interessato che deve chiedere la nuova valutazione: è una competenza a cui deve provvedere INPS.

Dal 2022 INPS ha previsto per questi casi una nuova procedura. Generalmente 4 mesi prima della revisione prevista INPS scrive direttamente all’interessato ricordando la revisione chiedendo di inviare (sistema telematico di allegazione sanitaria) la documentazione specialistica aggiornata entro 40 giorni dalla notifica. Sulla base di questa nuova documentazione la Commissione effettua la valutazione sugli atti inviati oppure concova a visita diretta, o richiede ulteriore documentazione.

Se l’interesato non provvede ad inviare la documentazione, INPS convoca a visita diretta. Questo consente all’interessato di avere maggior margine di tempo per recuparare la documentazione specialistica necessaria.

Al termine della valutazione, come sia effettuata, la persona riceve il nuovo verbale.

Va ricordato che – ai sensi dell’articolo 25 della legge 114/2014, i “vecchi verbali” rimangono validi in tutto e per tutto fino alla nuova valutazione.

I permessi lavorativi

I lavoratori dipendenti pubblici e privati hanno diritto a permessi lavorativi a condizione che siano in possesso del certificato di handicap con connotazione di gravità (art. 3, comma 3, legge 104/1992).

Questi permessi di tre giorni al mese o, in alternativa, di due ore al giorno sono retribuiti (se l’orario è inferiore alle sei ore una sola ora) e coperti da contributi che valgono ai fini pensionistici. Le regole sui permessi sono differenti nel caso in cui sia un familiare a fruirne; in questi casi sono ammessi solo i tre giorni mensili di permesso, non la formula delle due ore giornaliere.

Purtroppo al momento non sono previste analoghe agevolazioni per i lavoratori autonomi.

Questi permessi lavorativi, previsti dall’articolo 33 della legge 104/1992, non vengono concessi nel caso il lavoratore abbia ottenuto il solo riconoscimento dell’handicap senza connotazione di gravità (art. 3, comma 1, legge 104/1992). è quindi importante verificare cosa prevede il proprio verbale.

Nel caso in cui in sede di revisione del verbale di handicap (legge 104/1992) non venga più riconosciuta la connotazione di gravità, i permessi decadono dal giorno della definizione del verbale. Per chi è dipendente privato INPS invia la comunicazione all’azienda e al lavoratore e sospende il pagamento dei permessi (che di solito avviene per conguaglio all’azienda. Dunque è importante che, se si è a conoscenza di questa revoca prima della comunicazione formale del verbale, si sospenda comunque subito la fruizione dei permessi.

Come fare

La domanda di concessione dei permessi va rivolta all’azienda (o amministrazione) e all’INPS (solo nel caso di dipendenti privati) usando specifici moduli e allegando il verbale di handicap grave (art. 3 comma 3, legge 104/1992). I moduli si possono reperire presso qualsiasi Patronato sindacale oppure online sul sito dell’INPS o, per i dipendenti pubblici, presso l’amministrazione stessa.

Una volta concessi, l’articolazione dei permessi va concordata con l’azienda o con l’amministrazione che può richiedere preavviso e programmazione mensile.

Nel caso si scelga l’opzione dei tre giorni di permesso mensili questi possono, se l’azienda è d’accordo, essere anche frazionati in ore. I tre giorni di permesso devono essere fruiti nel mese di competenza e non possono, quindi, essere cumulati.

 

 

I congedi per cure

I congedi per cure

 I lavoratori con invalidità superiore al 50% possono richiedere fino a 30 giorni annui di congedo per cure connesse alla propria infermità riconosciuta. (riferimento decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119, art. 7). Il primo requisito è quella della percentuale minima di invalidità, fissata al 50%. Ma essere invalidi non è sufficiente: è necessario sia certificata la necessità di cure e che tali cure siano correlate all’infermità (affezione, patologia, o menomazione) invalidante già accertata, quale – ad esempio – una patologia oncologica.
Questa condizione è certificata da un medico convenzionato con il SSN o appartenente ad una struttura sanitaria pubblica dalla quale risulti la necessità della cura in relazione all’infermità invalidante riconosciuta.

Come fare?

La richiesta del congedo – unitamente alla certificazione del medico ASL – va inoltrata dal lavoratore al datore di lavoro.Successivamente il lavoratore è tenuto, a documentare l’avvenuta frequenza alle cure, presentando idonea certificazione rilasciata dalla struttura ove è stata effettuata la cura. Se si tratta di cicli di terapie o cure, le ripetute assenze ripetute nel tempo possono essere giustificate anche con una sola attestazione cumulativa.

La giurisprudenza ha più volte ribadito che il datore di lavoro non ha alcuna discrezionalità nella concessione del congedo e neppure nella limitazione delle durata. Il datore di lavoro non può, quindi, che prendere atto della comunicazione del lavoratore, che è obbligato a trasmetterla nelle forme previste dal proprio Contratto Collettivo di Lavoro o, se in questo non vi sono indicazioni, in modalità analoga alle comunicazioni relative alla “ordinaria” malattia. I congedi per cure sono retribuiti rientrando nella “categoria” di assenza per la malattia (2110, Codice Civile).L’articolo 2118 del Codice Civile stabilisce che in caso di malattia il datore di lavoro ha diritto di recedere solo una volta che sia decorso il cosiddetto “periodo di comporto” individuato dai Contratti Collettivi nazionali di lavoro.

Contratti Collettivi

All’autonomia collettiva è demandata la possibilità di estendere quel periodo nelle particolari ipotesi di malattie lunghe, caratterizzate dalla necessità di cure post-operatorie, terapie salvavita e di una conseguente gestione flessibile dei tempi di lavoro.
Le assenze per congedi per cure non vanno computati nel periodo di comporto. Si tratta di un congedo ulteriore, peraltro “retribuito a carico del datore di lavoro”.

 

Permessi per visite mediche, analisi e terapie

Molti lavoratori dipendenti con patologie ematologiche devono sovente assentarsi per visite mediche o per accertamenti o per terapie. Sono situazioni differenti che bisogna approfondire per comprendere se l’assenza sia retribuita come permesso, indennizzata come malattia oppure non retribuita costringendo alla fruizione di ferie.

In alcuni casi e per un numero limitato di ore, alcuni Contratti Collettivi di Lavoro, in particolare pubblici prevedono la concessione di specifici permessi per visite mediche o per analisi.

Per conoscere questa opportunità è necessario controllare il proprio Contratto collettivo e le relative condizioni poste. Utile può essere rivolgersi al proprio sindacato di categoria.

Sapere se ci sono dei permessi specifici per quei lavoratori che devono sostenere una visita medica – o anche sottoporsi ad analisi e terapie – è molto importante così come lo è capire quando l’assenza viene retribuita.

A tal proposito partiamo con il sottolineare che in alcuni casi è possibile godere di un permesso retribuito per doversi sottoporre ad una visita medica, tuttavia ciò dipende da diversi fattori, quali:

Assenza per visite mediche che durano per tutta la giornata o day hospital

Come precisato già in una datata circolare di INPS (192/1996) chi deve assentarsi dal lavoro per sottoporsi ad una terapia ambulatoriale in regime di day hospital può richiedere un permesso retribuito in misura pari all’indennità di malattia.

L’assenza per sottoporsi a visite mediche, terapie e analisi è da considerare come l’assenza per malattia in presenza di alcune condizioni:

  • permanenza nel struttura sanitaria per tutto l’arco della giornata lavorativa;
  • il tempo impiegato per rientrare non consente al lavoratore di tornare alla sede lavorativa entro il termine della giornata lavorativa;
  • a parere del il medico curante la terapia non è compatibile con l’attività lavorativa svolta.

Come per la malattia ordinaria, per giustificare l’assenza è necessario presentare l’apposita documentazione. Spetta alla struttura o al centro medico nel quale è stata effettuata la terapia, quindi, trasmettere telematicamente all’Inps la certificazione relativa.

Assenza per visite o accertamenti che non durano tutta la giornata

Nei casi in cui la visita o gli accertamenti si risolvono in poche ore non è possibile accedere allo stesso trattamento previsto per le assenze per malattia.

Eccezione ammessa: quegli accertamenti diagnostici che pur avendo una durata di poche ore sono urgenti e impossibili da svolgere in un orario non coincidente con quello ordinario di servizio, o anche tanto invasivi da richiedere una convalescenza anche limitata.

Anche in questi casi alcuni Contratti Collettivi di lavoro prevedono trattamenti di maggior favore.

Se il Contratto non prevede alcuna agevolazione rimane la possibilità di fruire di ferie o dei cosiddetti permessi retribuiti ROL.

L’esenzione dalla reperibilità per malattia

I dipendenti pubblici e privati assenti per malattia certificata dal medico curante hanno di norma l’obbligo di reperibilità in determinati orari per eventuali visite fiscali.

Le fasce di reperibilità per il settore privato e per il settore pubblico sono state uniformate a seguito della sentenza del TAR del TAR del Lazio (n. 16305/ 2023).  Pertanto, sia i lavoratori privati sia quelli pubblici devono essere reperibili dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19, tutti i giorni, compresi domeniche e festivi (messaggio 22 dicembre 2023, n. 4640).

In caso di assenza alla visita domiciliare, il lavoratore viene invitato a recarsi presso gli ambulatori della struttura territoriale INPS , in una data specifica. Per non incorrere in azioni disciplinari da parte del datore di lavoro, è tenuto a presentare una giustificazione valida per l’assenza.

Da questo obbligo sono esentati alcuni lavoratori.

Attenzione, però: l’esenzione riguarda solo la reperibilità, ma il lavoratore può comunque essere convocato a visita “fiscale”.

La disciplina è differente a seconda che il lavoratore sia un dipendente pubblico o privato.

CHI HA DIRITTO ALL’ESENZIONE

Per i lavoratori subordinati dipendenti dai datori di lavoro privati (decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 11 gennaio 2016) è prevista l’esenzione nei seguenti casi:

  • patologie gravi che richiedono terapie salvavita;
  • stati patologici connessi alla situazione di invalidità riconosciuta pari o superiore al 67%;

Per i lavoratori dipendenti pubblici (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 ottobre 2017, n. 206)  è prevista l’esenzione nei seguenti casi

  • patologie gravi che richiedono terapie salvavita;
  • causa di servizio riconosciuta che abbia dato luogo all’ascrivibilità della menomazione unica o plurima alle prime tre categorie della “tabella A” allegata al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1981, n. 834, ovvero a patologie rientranti nella “tabella E” dello stesso decreto;
  • stati patologici connessi alla situazione di invalidità riconosciuta pari o superiore al 67%.

COME FARE

Per essere ammessi all’esenzione dall’obbligo di reperibilità è necessaria la segnalazione della situazione da parte del curante momento della redazione del certificato.