I congedi per cure

I lavoratori con invalidità superiore al 50% possono richiedere fino a 30 giorni annui di congedo per cure connesse alla propria infermità riconosciuta. (riferimento decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119, art. 7). Il primo requisito è quella della percentuale minima di invalidità, fissata al 50%.
Ma essere invalidi non è sufficiente: è necessario sia certificata la necessità di cure e che tali cure siano correlate all’infermità (affezione, patologia, o menomazione) invalidante già accertata, quale – ad esempio – una patologia oncologica. Questa condizione è certificata da un medico convenzionato con il SSN o appartenente ad una struttura sanitaria pubblica dalla quale risulti la necessità della cura in relazione all’infermità invalidante riconosciuta.

La richiesta del congedo – unitamente alla certificazione del medico ASL – va inoltrata dal lavoratore al datore di lavoro.
Successivamente il lavoratore è tenuto, a documentare l’avvenuta frequenza alle cure, presentando idonea certificazione rilasciata dalla struttura ove è stata effettuata la cura. Se si tratta di cicli di terapie o cure, le ripetute assenze ripetute nel tempo possono essere giustificate anche con una sola attestazione cumulativa.

La giurisprudenza ha più volte ribadito che il datore di lavoro non ha alcuna discrezionalità nella concessione del congedo e neppure nella limitazione delle durata.
Il datore di lavoro non può, quindi, che prendere atto della comunicazione del lavoratore, che è obbligato a trasmetterla nelle forme previste dal proprio Contratto Collettivo di Lavoro o, se in questo non vi sono indicazioni, in modalità analoga alle comunicazioni relative alla “ordinaria” malattia.

I congedi per cure sono retribuiti rientrando nella “categoria” di assenza per la malattia (2110, Codice Civile).
L’articolo 2118 del Codice Civile stabilisce che in caso di malattia il datore di lavoro ha diritto di recedere solo una volta che sia decorso il cosiddetto “periodo di comporto” individuato dai Contratti Collettivi nazionali di lavoro.

Alle autonomia collettiva è demandata la possibilità di estendere quel periodo nelle particolari ipotesi di malattie lunghe, caratterizzate dalla necessità di cure post-operatorie, terapie salvavita e di una conseguente gestione flessibile dei tempi di lavoro.

Le assenze per congedi per cure non vanno computati nel periodo di comporto. Si tratta di un congedo ulteriore, peraltro “retribuito a carico del datore di lavoro”.