Sono stati da poco pubblicati i risultati 2022 di una ricerca che ha coinvolto in tutto il mondo più di 7000 pazienti e 1500 caregiver affetti da Linfoma o Leucemia Linfatica Cronica, 582 dei quali reclutati in Italia. AIL ha contribuito alla redazione dei questionari grazie al lavoro del gruppo pazienti linfomi AIL-FIL e alla promozione e condivisione della survey, per dare una voce ai bisogni di chi vive queste malattie.
DARE VOCE AI PAZIENTI E MAPPARE LE NECESSITÀ
L’indagine mondiale pazienti su Linfomi e Leucemia Linfatica Cronica è promossa ogni due anni dalla Lymphoma Coalition, un’organizzazione no-profit cui aderisce una rete di oltre 80 gruppi di pazienti con linfoma operanti in più di 50 Paesi per condividere informazioni, risorse e buone prassi, sostenendo gli sforzi reciproci per aiutare i pazienti con linfoma a ricevere l’assistenza e il supporto necessari. Sono stati da poco pubblicati i dati del 2022 che parlano di un grande successo. Complessivamente sono stati raccolti dati di 8637 persone: 7113 pazienti e 1524 caregiver. In Italia, quarto Paese al mondo per numero di risposte dopo Francia, Cina e USA, il questionario è stato compilato da 582 persone: 499 pazienti e 83 caregiver.
AIL fa parte delle Lymphoma Coalition e attraverso Il Gruppo Pazienti Linfomi AIL-FIL ha partecipato alla realizzazione della survey. Il Gruppo infatti ha contribuito a rivedere la versione italiana dell’indagine per garantire che le traduzioni riflettessero correttamente le domande poste. Inoltre, poiché in occasione dell’indagine del biennio precedente nel nostro Paese era stato raccolto un numero di risposte superiore alla soglia di 100, il Gruppo Pazienti Linfomi è stato invitato ad aggiungere 5 ulteriori domande con l’obiettivo di ottenere informazioni utili a migliorare l’assistenza nello specifico contesto italiano. Abbiamo approfittato di questa opportunità per raccogliere alcuni dati locali su argomenti che spaziano dalla conservazione della fertilità, accesso alle cure e sperimentazioni cliniche, diritto all’oblio oncologico, che saranno utili per la nostra missione di advocacy.
ANALISI DEI RISULTATI
Per lo più i risultati italiani sono in linea con quelli su scala globale:
• solo al 22% dei pazienti è stata prospettata più di un’opzione terapeutica;
• più della metà dei pazienti ha riscontrato la fatigue come sintomo della malattia (55%) o come effetto collaterale del trattamento (59%);
• il 62% dei pazienti ha indicato di aver avuto timore per una recidiva e il 40% per una progressione del linfoma;
• riguardo la ricerca clinica, il 57% dei pazienti ha ricevuto informazioni dai propri medici sugli studi clinici, ma solo il 20% dei pazienti è stato coinvolto nei protocolli di ricerca per il linfoma o la LLC. Il 73% dei pazienti ha riportato come maggiore ostacolo al partecipare a un protocollo di ricerca il fatto che “non è mai stato presentato come un’opportunità a cui prendere parte”;
• durante la pandemia Covid-19 i pazienti hanno riportato maggiore depressione (36%) e ansia (37%). Per il 56% l’esperienza di cura per il linfoma è cambiata. Solo il 5% dei pazienti era fortemente d’accordo al consulto via telefono o video rispetto al faccia a faccia con il proprio medico curante. Per circa la metà dei pazienti (47%) le organizzazioni no-profit sono state di grande aiuto per informarsi e come supporto.
I PAZIENTI IN ITALIA
Sono state però rilevate alcune significative differenze a livello di informazioni, orientamento e supporto che depongono a favore del nostro Sistema sanitario ed in particolare dei nostri Centri di Ematologia:
• ha ritenuto di essere ben informato sui processi decisionali riguardo la propria salute circa la metà dei pazienti italiani (48%) e solo il 18% dei pazienti a livello globale;
• la risorsa preferita di informazioni è stata individuata nei medici dal 96% dei pazienti italiani e dal 56% dei pazienti a livello globale.
Interessanti anche le risposte ad alcune delle domande poste ai soli pazienti italiani:
• il 17% dei pazienti ha effettuato trattamento e follow-up, almeno in parte, in un centro medico al difuori della propria regione di residenza;
• Il 28% dei pazienti si è sentito discriminato nell’accesso a servizi di credito o assicurativi. Il 39% dei pazienti che hanno riferito di sentirsi discriminati ha avuto l’ultima terapia più di 5 anni prima del sondaggio.